Ecco qui, su Spotify, un lungo podcast (1h e 37′) parte della serie “L’Ultima Domanda“.
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Il Cantiere Filosofico
– ma anche: incontrarsi, comunicare, parlare, ascoltare, conoscersi, affrontare mille e un tema sulla filosofia applicata delle nostre vite, alle nostre scelte, oggi.
Quando, dove e come:
– Se la risposta sarà “sì”, ci si vedrà il giorno seguente alle 9.00. Caffè e poi al lavoro.
Dotazioni:
Perché:
– Perché un’isola del Mediterraneo è di per sé un eremo, un convento laico, dove per pregare bisogna proprio lavorare e parlarsi.
– Ciò che vale davvero qualcosa, e la pena di essere perseguito, è sempre e solo il frutto di un eventuale desiderio, volontario e libero.
Somiglia a qualcosa tutto questo?
Aprirò un cantiere-filosofico

Poi, ognuno per le sue vie. Mezza giornata almeno, ogni giorno, bisogna stare da soli (cantiere filosofico già iniziato, con questa affermazione…).
Un anno straordinario

Sarà uno splendido anno. Io certe cose le sento. Sarà che ci sto su con tutti i sensi, in continuo, percepire è un’ambizione, una specie di vocazione.
Tutto si compie
Farsi le canne da soli
L’incannicciata costa tanto. Troppo. Allora penso; me la faccio da me. Chiedo sull’isola: “dove si comprano le canne?” . Risposta: “ma mica si comprano. Stanno in molti punti, lungo i rivi, andiamo tutti lì quando ci servono, e le prendiamo. Sono di tutti.”
E allora vado con la fida F. Un culo immane. Le canne sono enormi, sembrano bamboo. Dure, alte tra i 4 e i 6 metri. Quelle al Fienile sembrano stuzzicadenti in confronto. Ma non basta. Le canne dritte sostanzialmente non esistono. Sono una proiezione iperurania, o una promessa commerciale. Dunque allestire un’incannicciata diventa un’opera di meccanica quantistica: “la canna dritta non esiste ma in determinate condizioni può diventarlo”. Cinema…
Morale: dita le cui falangi superiori non sento praticamente più. Epicondilite a nastro. Schiena. Tempo. E pensieri… Ma enorme orgoglio. Sotto questa Pergola, che copre la cucina esterna con ipnotica vista sul mare, avverranno cose. Mente a quelle cose, non al progetto, mentre si lavora, mi raccomando. Chi fa le cose precisine e non pensa “a quelle cose” è un maniaco. Prima o poi entra in un Eurospin con un kalashnikov. Le cose “servono a”, oppure sono fatica sprecata, e gesto nevrotico. (Per chi ha letto Stojan Decu: “occasioni per le emozioni“).
Ora bevo un sorso di vino. Stanco. Seduto. E guardo F che si incaponisce su un restauro. Quel portellone dice cose sul tempo. E lei le sta cercando. Le troverà? Io la guardo. Non so se riesco a capire. Però qualcosa sento. Dunque forse sì.
αντίθεση (antitesi)
Ho scritto due brevi brani in questi giorni. Senza un progetto, lo giuro.
Ne è nato uno specchio che rimanda infiniti riflessi, antitetici e dunque in grado di rivelare molte cose. Avvicino qui i due brevi brani. Credo siano utili.
Stare
Bisogna smettere. Stare fermi. Solo da fermi si va.
Muoversi
Non da morenti

E tuttavia, prima di abbandonare, bisogna acquisire. Prima di cambiare bisogna scegliere. Mentre mi pare che la maggior parte delle persone sia ferma sulla soglia del luogo da cui dovrebbe evadere. E questo non va bene.Serve dunque conoscenza del proprio perimetro, prima di ogni altra cosa. Serve aver fatto passi (soprattutto uno: il primo), serve aver capito limiti e possibilità di cui possiamo disporre e che dobbiamo temere. Serve aver attivato un circuito d’energia e di concatenazione tra desideri, progettualità, possibilità… prima di avere la forza di accettare, di convivere, di rifiutare.
Non si convive con l’assurdo (né lo si abbandona) da morenti.
Da Alessandro Milan su “L’Altra Via”
Intervista di Alessandro Milan, nella sua bella trasmissione “Uno, Nessuno, 100Milan” su Radio24, in margine all’uscita del mio ultimo libro “L’Altra Via” (Solferino)
Buon ascolto!
Un anno. Il primo
Un anno. Mica poco…
Uno è il primo passo di tutto. Anche delle grandi marce destinate a giungere chissà dove.
Una bandiera bella, nata dall’ingegno di tre ragazzi, votata da migliaia di persone desiderose di vederla sventolare. La Bandiera del Mediterraneo, che prima o dopo non sarà più solo un continente de facto, ma anche un Paese unito e reso ricco e consapevole dalle proprie preziose diversità.