Domande

Io e Antonio a Milano sotto la neve. Lui è uno degli amici che è rimasto anche nella mia nuova vita.

Io e Antonio a Milano sotto la neve. Lui è uno degli amici che è rimasto anche nella mia nuova vita.

Fride mi scrive:

“Buongiorno Simone, com’è oggi la tua giornata? 🙂
Non ti conosco ma sono felice del successo che stai ottenendo perchè credo, per te sia una bella soddisfazione e per tutti noi un modo per iniziare a riflettere..non ho ancora letto il tuo libro (lo ammetto sigh!) ma sententoti parlare alla radio la cosa che mi ha colpito ed alla quale accenni spesso è la parte dediata alla “solitudine”..io mi sono chiesta..ma se cmq ti sei inserito in una nuova realtà non c’è stato anche un nuovo inserimento di conoscenze ed eventualmente amicizie?
Questa è stata una bella scoperta. Non posso dire di aver ancora costruito chissà quali nuove amicizie. Per l’amicizia serve la conoscenza, la fiducia, il tempo. Però è vero, fuori dal mio mondo ho trovato nuovi mondi, gente che vive in modo diverso, gente soprattutto che non mi somiglia. Dove vivevo erano tutti come me e io, in cuor mio, pensavo che tutti fossero identici a me. Non è così. Molte persone, moltissime, la maggior parte, vivono in luoghi del tutto diversi dal nostro, con ritmi e idee diverse, secondo schemi e sogni originali. Ci sono vite straordinarie, pessime e meravigliose, ma diverse, fuori dai nostri sentieri segnati, con cui è possibile un confronto nuovo, interessante. E’ anche questa una delle belle scoperte della mia nuova vita. Una mappa da disegnare passo a passo, colorando montagne e distese marine con tinte che non conoscevo. Molto affascinante. Grazie Frida per avermi ricordato questo aspetto, che nel libro è forse troppo in secondo piano.
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4 pensieri su “Domande

  1. Non ti liquido affatto con la parola utopia, anzi, mi piace molto quello che scrivi. Ma vedi, io una battaglia vera, dura, che credo sia l’unica in grado di battere il sistema, la propongo con molta forza!!! Sai cosa vuol dire diventare liberi? Significa far saltare tutto! Gli uomini liberi non comprano, non votano, non abitano dove gli viene detto o consigliato da marketing e pubblicità. Sai cosa vuole dire questo? E poi vedi, la mia prospettiva non è “isolata”. Io faccio quel che posso e quel che voglio, se riesco, puntando sulle mie energie. Poi, una volta trovato il mio equilibrio, sono più che disponibile all’incontro e alle cose in comune. Hai visto l’ultimo capitolo? Parlo perfino di riesumare le comuni, i kibbuz. Chi mai ha detto queste cose oggi? Sono tutt’altro che contro il dialogo e la relazione, figuriamoci! Ma sono anche convinto che la prospettiva di uscita, di cambiamento, debba essere individuale, autonoma, slegata da mode o movimenti. La proposta politica forte è tutta qui. Solo così possiamo fare qualcosa, per poi condividere tutto. Grazie!!!

  2. ho risposto al tuo commento, in risposta al mio (in parte9, sul sito di Andrea (bettaonair) non volevo essere offensiva.
    mi sa che leggero il libro.
    Buona giornata

  3. Caro Simone,
    ho conosciuto per caso la tua storia, così ho preso il libro e l’ho letto con curiosità e interesse.
    pur essendo io molto diversa dal profilo di persona a cui ti rivolgi nel tuo libro, ho sgomberato la mente dai pregiudizi e sono arrivata alla fine, apprezzando molto coraggio, caparbietà e coerenza.
    C’è una cosa che pero’ non mi torna: la visione tutta individuale, sia del problema che della soluzione.
    Voglio dire… chi come te ha frequentato le stanze del potere, osservando da spettatore privilegiato i danni le menzogne le storture le aberrazioni di cui è capace il sistema capitalista, perchè alla fine se ne va, nemmeno sbattendo la porta? perchè non mette a frutto le proprie capacità e conoscenze per combatterlo a vantaggio anche degli altri?
    Non sto dicendo che proprio tu devi risolverci a tutti quanti il problema del plusvalore; sto dicendo pero’ che “10-100-1000 (vietnam!) manager” che fanno la tua scelta potrebbero dare un contributo ben maggiore oltre che occuparsi di figli e passioni.

    Io credo profondamente che la deriva di questo sistema debba essere combattuta tornando al “noi”, non rifugiandosi nell’io.
    Allora se la parola “rivoluzione” non è più di moda, è anacronistica, fa paura, ecc ecc… parliamo della “decrescita felice” di Latouche, un concetto che non puo’ prescindere da quello di collettività. Le economie di scala di cui parli nel libro, si raggiungono meglio e in modo più efficace e sostenibile se si fa rete, gruppo, collettivo, chiamiamolo come si vuole.
    Non so se sono stata chiara, spero comunque di averti dato uno spunto su cui riflettere.
    E spero che non mi liquiderai con la parola “utopia”.

    In ogni caso, auguri per la tua nuova vita.

    Gaea

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