La sacca e il cuore

Diario di viaggio. Aggiungo Il barista che ha alzato il sopracciglio mentre guardava la mia maglietta nera di Sea Shepherd; il ragazzo alto, magro, veloce, che ci ha serviti ieri sera in Slovenia e quando gli abbiamo offerto un bicchiere ci ha risposto “non posso, sono uno sportivo”; la ragazza manager, tailleur grigio giacca e minigonna, che pedalava sulla bici stringendo inutilmente le gambe; la ragazza scura di pelle che mi ha accolto alla reception dell’hotel Entourage stanotte. Anche le case colorate, linde, del centro della città. Aggiungo anche le attese nelle stazioni pettinate dalla brezza estiva, le facce delle persone che aspettano senza accorgersi del lieve sorriso che hanno sul volto, o del dolore che trapela dai loro occhi. Indiscreto, osservo quel che posso delle loro anime.

Nova Gorica. Confine. Ho passato le vacanze d’infanzia su una roulotte, oltre questo limite. Ci penso mentre lo oltrepassiamo in macchina. La guardiola è deserta. La tettoia cadente. La linea non c’è più. I ricordi sì. L’esotico che imparavo da bambino era al di là di questo posto di blocco fatiscente. A cena, ricordo mentre gli altri parlano. Un tempo gli slavi venivano da noi a comprare quello che non avevano. Oggi andiamo noi di là, perché carne, benzina e sigarette costano meno. Lo storia ci prende per la coda, gioca. I calamari fritti sono così buoni nei “balcani”. Perché? Penso a Predrag Matveievic, che forse vedrò a giorni.

Gente entusiasta per lo scollocamento, anche qui. La distanza da questo mondo dilaga, è siderale. Michele, il sociologo, è un uomo che ragiona, che si emoziona. Ho la sensazione che voglia dire qualcosa di più, forse si trattiene. Una ragazza che lavora in Scozia, una che lavora a Trieste, in Università. Dicono due o tre cose che appunto mentalmente. Devo pensarci su. E’ sempre così quando ascolto pensieri ad alta voce su cose che io non ho mai detto neppure in silenzio. Neppure a me.

Viaggio e scrivo i miei appunti. La sacca sulla spalla, il cuore sempre a portata di mano. Un paio di pantaloncini corti, una maglietta. Penso a casa mia, ai miei lavori. Penso al mare del Golfo. Poi mi perdo. Luoghi, persone, ricordi, immaginazione. Se non ci fosse questo, viaggerei così tanto? Ne varrebbe la pena? Ma se è tutta roba che viene da dentro, cosa viaggio a fare?

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16 pensieri su “La sacca e il cuore

  1. Ho finito di leggere il tuo libro “ufficio di scollocamento…” penso che dovrebbe essere tradotto almeno in inglese per raggiungere il maggior numero di persone possibile!!

    Ci vediamo a Roma il 12/06/2012, ore 18.00, Libreria Arion, Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale…

    ciao
    Giulio

  2. Ciao Simone,

    sono venuta alla tua presentazione di “Ufficio di scollocamento” a Milano e mi piacerebbe partecipare anche a quella che terrai Lunedi’ prossimo in Canton Ticino per “L’Equilibrio della farfalla” ma non vedo luogo ed ora sulla tua agenda. Potresti aggiornarla?
    Grazie

  3. Viaggiamo perchè quello che è fuori si specchia con quello che è dentro. È l’unico modo per vedersi, non tutti hanno il privilegio di vedersi subito, tutto ed interamente. È la vita così ma è bellissima.

  4. Sì, viaggeresti lo stesso.
    Perché stai bene a casa tua – che sia la casa di mattoni, o quella che ti vivi dentro la pelle – ma ti stimola e incuriosisce – quando è tua scelta e non costrizione – andare oltre.
    Perché – nelle rotte dei tuoi viaggi – trovi un senso non banale nello sfiorare, per ore o istanti, le facce e le vite degli altri, fino a sentirne gli odori, tracciando fotogrammi che si insinuano, imprevedibili, nei tuoi ricordi o che ne creano di nuovi.
    Sì, viaggeresti lo stesso, e – domanda retorica – sai anche già che ne vale la pena, sennò non lo faresti e non lo avresti mai fatto, perché ti sarebbe sembrato da subito tempo vuoto e sprecato. E tu hai troppo rispetto del tempo.
    Non c’è esclusione fra viaggio dentro e viaggio fuori, ma contaminazione senza sosta, rincorsa, al limite ricerca senza ansia di un equilibrio che non può mai essere definito e definitivo, altrimenti non sarebbe più vita che trema, ma morte che stagna.
    Viaggeresti lo stesso… perchè sarebbe il tuo cuore “sempre a portata di mano” a chiedertelo, perchè il viaggio è uno dei mezzi che hai scelto per riempire la tua sacca.

  5. Caro Simone, leggerti ogni mattina è una piacevole abitudine. Scrivi sempre parole bellissime e i tuoi ragionamenti diventano anche i miei.
    Grazie per quello che fai,ora la tua vita ha un senso ed è anche quello di essere da faro nel buio per persone come me..
    Un saluto, da Genova.

  6. Cosa viaggio a fare, se viene tutto da dentro?

    Forse viaggiare ti serve proprio a tirar fuori tutta quella roba che hai dentro. Come se ogni viaggio fosse la chiave per aprire una delle mille porte che sono dentro di te e che stando fermo potrebbero restare chiuse.
    Ogni incontro ti apre a nuove riflessioni.
    Buona serata

  7. aggiungo che con questo non intendo dare dello psicopatico a nessuno, anche perché io sarei il primo a beccarmelo. Al di la della definizione, che è da valutare nell’ambito del complesso sistema articolato da Lowen, esperto di bioenergetica, il flusso di pensieri, talvolta ricco, avvolgente, appagante, che esce dalla mente e va verso la realtà può farci allontanare troppo dalla realtà dei sensi

  8. Cosa viaggio a fare, se viene tutto da dentro? Difficile rispondere, dubbio costante. Ieri sera leggevo che è la realtà esterna che dovrebbe farci sentire e modificare le emozioni E non viceversa, arricchire noi con la nostra immaginazione quello che sta fuori. Il carattere psicopatico fa così, secondo le classificazioni di lowen. È sano rivestire il
    Mondo con la nostra immaginazione?

  9. e uno che viaggia a fare se non ha quella “roba” che viene da dentro?

    A vedere posti bastano occhi,ma per guardare ci vuole un certo filtro, un’intenzione.
    Per fare piacevole o meno un posto ci pensano gli urbanisti e, quando questi si sbagliano ,rimediano i giardinieri, ma la bellezza ama nascondersi e per vederla ci vuole una luce con una frequenza specifica per ogni biografia.
    Per accorgersi dell’espressività di un volto bisogna avere dentro l’indiscrezione impertinente di lanciargli uno sguardo che comunica e nella risposta, nell’accorgersi di avere un pubblico che quello si esprime in tutta la sua teatralità manifestando l’anima che ha.,
    Ci vuole ‘sta roba,ci vuole ‘sta voglia, se no che viaggi a fare, stattinni assittatu a fari cunti ca nun ci voli nenti!
    Anche per questa ci vuole un filtro

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