Notte Radio 1

Un’ora e un quarto… Dunque, un miracolo. Nella comunicazione di oggi è una vera anomalia. Di solito ti fanno interviste di un minuto scarso in cui dovresti dire qualcosa di sensato… Per questo la pubblico. Un’ora e un quarto per dire tante cose con due giornalisti intelligenti, calmi, sereni. E’ così difficile che i media si occupino di un tema con calma…

Eccola qui. Buon ascolto.

Notte Radio 1 – Simone Perotti con Sandro Capitani a Rai Radio 1

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54 pensieri su “Notte Radio 1

  1. Ciao Simone,

    grazie dell’informazione.
    Sui tuoi libri: io ho letto adesso basta e avanti tutta. poi.. beh poi per ora mi son fermato.
    Pero (soprattutto adesso basta) l’ho consigliato a parecchie altre persone che l’hanno letto ;-).

    Sono andato a vedermi il sito di Sieben Linden. E’ decisamente interessante.

    Ciao
    Marco

    • marco! ma leggervi i miei libri no?!?!
      😉

      ecco un brano da pagina 100:

      “È interessante a riguardo
      riportare l’esperienza di Sieben Linden, in Germania: un
      progetto di convivenza allargata dove vivono 130 persone
      (90 adulti e 40 bambini) e dove è stato creato un asilo
      interno, attivo la mattina. I bambini trascorrono molto
      tempo all’aperto e le persone della comunità addette
      all’infanzia insegnano loro a costruire piccole case in terra
      cruda, a lavorare il legno, ma soprattutto a rapportarsi
      con la natura, liberi di correre e giocare senza il rischio di
      essere investiti da qualche automobile e senza l’obbligo
      di stare al chiuso quando non è necessario. Tutti aspetti
      essenziali per una crescita sana ed equilibrata dei bambini.
      Il progetto potrebbe essere esteso anche a chi, pur
      restando all’esterno della comunità e continuando a lavorare
      ai ritmi usuali, intendesse verificare gradualmente
      le sue possibilità di cambiamento.”

  2. @Sara
    sai, quando decidi di andar via da casa e mantenerti da sola (trasferendoti da Napoli a Milano), un modo per sbarcare il lunario devi trovarlo. Perciò, con i miei titoli e competenze ho sempre avuto buon successo nel trovare lavoro d’ufficio (segretaria di direzione e simili).
    Solo che io in ufficio non resisto. Star lì 8 o più ore mi annoia, anche quando ho tanto da lavorare. In più, ho la capacità di lavorare velocemente e bene (non è presunzione, dopo 20 anni di lavoro senza lamentele da parte di nessuno posso dirlo) quindi spesso mi ritrovavo a fissare il pc senza motivo. Generalmente la mia data di scadenza è 24 mesi, anche se circostanze mi hanno fatto durare anche quasi 5 anni nello stesso ufficio, con grande logorìo personale. Ma bollette e affitto hanno sempre scelto al posto mio il lavoro.
    Poi, crescendo, ho scoperto che mi piace di più lavorare con “le mani” o stare a contatto con la gente. Mi diverte di più fare la “cameriera” o la “commessa” che la segretaria di qualche mammasantissima nel suo ramo.
    Così, sto cercando il modo di guadagnare dalle mie passioni ed evitare il ritorno, anche se part-time, al ruolo di segretaria.
    Sarà dura, ma quando il gioco si fa duro… 🙂

  3. Ciao Simone, ti seguo da diverso tempo con interesse e questa è la prima intervista strutturata che ascolto; ho aspettato a postare questo argomento proprio per avere un quadro più preciso e ti chiedo:
    non ho mai ascoltato la parola “figli” in questo tipo di cambiamento, sono forse un progetto troppo impegnativo per questo tipo di scelta di vita?

    Grazie e ciao.

    • ciao sergio. sono cosa troppo impegnativa per me. conosco migliaia di persone, in gruppi, da sole, in eco-villaggi… che hanno cambiato vita con i figli. parliamo nell’ultimo saggio anche di un enorme villaggio in germania dove da decenni vivono in modo diverso famiglie e famiglie… insomma, direi che il cambiamento è diverso a seconda delle famiglie e delle disponibilità, responsabilità etc… ma si può fare. io non ho figli per scelta. ciao!

  4. @ Dona …”avendo sempre cambiato lavoro ogni volta che la gabbia diventava soffocante”.
    Negativamente colpita da questa tua frase, permittimi la domanda: quale la tua motivazione di esserci entrata nella … “gabbia” di cui scrivi?? Non avresti potuto evitare, e fare scelte diverse, a priori?

  5. Ciao Simone,

    dopo un periodo di “stacco” riprendo a navigar. Non so se hai visto ma mi sono cancellato da FB, mi portava via troppo tempo libero e se voglio seguirti lo faccio dal tuo molo.

  6. @ Donà, buona fortuna, dunque.

    @ 1light, la coerenza con certa gente é sprecata; conviene senz’altro essere coerenti con se stessi, ovvero con quello di cui si é convinti. Lo faccio da sempre.

  7. @Superpippa:
    per fortuna ho la coscienza dei miei limiti e delle mie risorse, quindi non ho bisogno di raccontare balle né a me stessa né alle persone da rassicurare.
    Sono cosciente di vivere in una zona d’Italia che è in grandissima crisi per la sua vocazione industriale. Sono circondata da gente senza lavoro o in cassa integrazione.
    Ma sono “sganciata” da questo sistema da anni, ancora prima del mio “scollocamento” di 24 mesi fa, avendo sempre cambiato lavoro ogni volta che la gabbia diventava soffocante.
    Magari stavolta sarà un po’ più complicato perché non ci sono molti margini, ma nel frattempo ho imparato a fare cose concrete e sono fiduciosa di poterle mettere a frutto.
    Al momento sono incastrata nello studio dei meccanismi fiscali/previdenziali della professione di artigiano. Mi piace fare le cose in regola e non voglio che DS diventi sinonimo di evasore fiscale 🙂
    Buona domenica

  8. Superpippa: non credo sia il proprio cervello poco interessante, anzi credo che lo sia troppo e che ci sia il timore di scoprirsi davvero perché poi si deve essere coerenti.
    Non te la fai più: è un casino, una fatica continua, con se stessi, con gli altri che non sanno quanto sia difficile già con se stessi e continuano incessantemente a non aiutarti in alcun modo, sia perché incuriositi sorridono e t’invidiano, sia perché ti deridono e compatiscono, in entrambi i casi allontanandosi, sia perché sembra che capiscano ma poi ti prendono in giro perché cerchi una pila per il cellulare anziché comprare tutto nuovo. Ma come… e di che cazzo abbiamo parlato da un anno fa a qui…?
    Per evitare questo processo di autoemarginazione ci si concentra sugli altri, come a volersi riempire la pancia di qualcosa.
    Oppure, da questa insicurezza si passa alla chiusura dove non c’è scampo: non si possono sentire altre voci oltre a quelle che urlano dentro. Il primo bisogno è trasformarle in musica.
    Cosa c’entra la musica? Super, per me l’amore e la musica c’entrano sempre…

  9. @Dona ciao! Le persone che si danno da fare non restano mai a piedi, troverai sicuramente una soluzione. Io dico sempre: Ci vuole trova soluzioni, chi non vuole trova scuse 😀

  10. Uff, ho scritto in modo nebuloso. Volevo dire che si perde un sacco di tempo ad analizzare le ragioni di altri invece che le proprie. Inventandosele di sana pianta, la maggior parte delle volte. Stare nel cervello altrui é impossibile, ma la maggior parte della gente trova più divertente guardare dentro quello degli altri piuttosto che nel proprio.Probabilmente perché la maggior parte della gente trova il proprio cervello poco interessante. Spesso é verissimo! I cervelli interessanti sono decisamente pochissimi.

  11. @1light, discorsi già sentiti. Io li chiamo processi alle intenzioni, cioè fare le pulci alle motivazioni altrui. Di solito, non portano da nessuna parte. Però sono un ottimo alibi per giustificare le ragioni dell’inanità altrui, evitando di analizzare le proprie. Volgarmente detto: guardare la pagliuzza negli occhi altrui invece della trave nel proprio occhio.

    @ dona, é un po’ quello che succede, tristemente, con i malati che fanno finta di credere alle balle dei loro familiari per rassicurarli. Dover fingere di creder alle balle altrui per rassicurare qualcuno é quanto di più deprimente si possa fare. A quel punto, meglio raccontarle a se stessi. In genere la chiamano fantasia.

  12. Superpippa: quando Simone dice che la scelta di Renato non sta in piedi perché è stata fatta per amore di un’altra persona anziché di se stesso; Renato fallisce e dovrà tornare su sui passi, che poi erano i passi di qualcun altro.
    Per saper scegliere a favore di noi stessi dobbiamo stare molto, molto tempo da soli, e non è facile. Costruire mentalmente un futuro con una persona X ci dà momentaneo sollievo dalla solitudine e quindi stimolo, ma non risolve la questione.
    Però, intanto, c’è azione ed è un bene perché nessuno nasce imparato. 🙂

  13. @Mauro:
    grazie per l’augurio.
    Il paradosso è che in questi giorni devo essere io a tranquillizzare quelli che si preoccupano.
    Forse sono incosciente… boh?

  14. Penso che sarebbe utile raccontare su questo blog le testimonianze, le esperienze, nel dettaglio direttamente da chi ha eseguito lo scollocamento (o almeno di chi ha in corso un progetto di scollocamento operativo).

    Le esperienze di questo tipo di famiglie con figli sarebbero di grande utilità…

  15. @ Marco, dipende da cosa investi, nei rapporti. Quelli superficiali si buttano nel cesso molto facilmente. Quelli profondi no.

  16. Ho ascoltato e penso che – al di là persino dell’argomento e dei discorsi e della bellissima musica – è esattamente il genere di trasmissione che ci serve : il dialogo pacato e profondo e mai noioso che mentre lo si ascolta, attiva la palestra dei propri pensieri.

  17. 24 mesi fa ho lasciato il “certo” per l’incerto. A fine mese il progetto portato avanti con tanto sforzo e amore verrà chiuso e mi ritroverò senza paracadute.
    Mi chiedono tutti “e dopo cosa farai?” e l’unica risposta che dò adesso è “per 15 giorni andrò al mare (dopo 24 mesi di vita di montagna, ndr.) a trovare i miei e poi al rientro penserò cosa fare della mia vita”.
    Perché di ricollocarmi non ho voglia, ma vorrei provare a rilanciare il progetto (un ristorante) anche se non ci sono soldi e la crisi non porta clienti (motivo della chiusura).
    Dovrei essere in ansia ma al momento no. Sono soltanto triste per la chiusura di questo importante capitolo. Ma chiudere un capitolo non vuol dire chiudere un libro. E poi ho ancora tante idee come “aspirante artigiana”.
    Vedremo.
    Buona serata!

  18. Marco
    tu mi chiedi ‘Ma non avverti lo stesso rischio anche tu nelle tue decisioni?’
    No, perche’ il mio e’ un rischio individuale, non sociale.
    Io rischio sulla mia pelle, non su quella degli altri.
    Mi muovo all’interno di me stesso, della mia vita, non di quella degli altri.
    Ultimamente questa societa’ promuove la cultura del menefreghismo, confondendola con la liberta’.
    Per la serie ‘io non cambio, se sbaglio non dipende da me, sono gli altri che devono cambiare’
    Ma la vera liberta’ e’ dentro di me, non e’ fuori.
    Invece questa e’ una societa’ di schiavi, che al suo interno crea altri schiavi, che pensa di essere libera e poi non e’ neanche capace di spostarsi di un millimetro.
    Cerco sempre di prendermi la responsabilita’ delle mie decisioni e azioni, anziche’ scaricarle sugli altri.
    Questa societa’ invece gioca a scaricabarile e questo atteggiamento di illusoria liberta’, sta creando costi sociali elevatissimi e conseguente depressione.
    Con Simone si parlava di liberta’ e di rischio.
    Chi rischia di piu’ ?
    Chi e’ dentro questo gruppo o chi e’ fuori ?

  19. @ Simone:
    tu descrivi il rischio cosi”credo che il rischio in questa nostra cultura non sia affatto quello dell’incolumità. è il rischio sociale, il rischio di trovarsi soli, di camminare fuori dal gruppo, di non avere certezze economiche.”

    E’ azzeccatissimo per quel che mi riguarda. Nelle scelte che devo fare questo e’ il tipo di rischio con cui mi trovo a fare i conti piu spesso. Non e’ l’unico rischio ma e’ sicuramente il piu frequente.

    @Luca
    Ciao Luca, mi incuriosisce una cosa. Ma tu, che da come reagisci conosci questo rischio sociale in altre persone. Ma non avverti lo stesso rischio anche tu nelle tue decisioni? non sto chiedendo se ti determina troppo ma se lo avverti, se e’ uno dei fattori in gioco che emergono e con cui devi fare i conti.

    Per me e’ cosi: non mi faccio determinare (almeno spero di poter dire che non mi faccio determinare troppo) dal rischio sociale. pero ci devo per forza fare i conti.

    Sapete, ci sono tanti studi e ricerche che indicano che l’uomo moderno e’ un individuo sociale che ha bisogno del rapporto con altri. (Poi chi siano e quanti siano questi altri con cui c’e’ una rapporto cambia tantissimo da persona a persona). Siamo fatti per essere in rapporto con altre persone. La paura pero di essere fuori dal gruppo o di perdere rapporti non deve assumere importanza esagerata.

    Vabbeh….
    Saluti
    Marco

  20. Il rischio di trovarsi soli.
    Hai ragione.
    Ma siamo gia’ soli.
    Fin dalla nascita.
    Non possiamo chiedere a nessuno di vivere e fare scelte al posto nostro, eppure viviamo nell’illusione che qualcuno ci aiutera’, che qualcuno si prendera’ la responsabilita’ per le conseguenze delle nostre non-azioni e non-pensieri.
    Questa illusione ci fa stare fermi, immobili , e cio’ si traduce in servizi che non funzionano, tasse che aumentano, tagli di posti di lavoro, spreco di risorse, di cui ne fanno le spese anche quelli che invece cercano di muoversi, di migliorare, di fare qualcosa di utile.
    Il rischio sociale e’ questo.
    A me questa societa’ fa paura.

    “A volte io ho paura di voi
    più che della solitudine” (Samuele Bersani)

  21. Simone, sai cosa penso a proposito del rischio e dell’avventura che mette ‘ansia’ ?
    Che tutti rischiamo ogni giorno, anche chi pensa che restando fermo sia al ‘sicuro’.
    E che quest’ansia andrebbe affrontata, capita e superata.
    Tanto, anche se non ti muovi, ti costringe la vita a farlo.
    Basta vedere la situazione economica di oggi.
    Vogliamo restare fermi per mantenere il nostro status quo, ma tutto intorno si muove, e mentre la vita ci sta urlando ‘datevi una mossa, guardate che state pagando un prezzo salato!’ noi ci illudiamo che se non cambiamo, siamo al sicuro, mentre invece dietro di noi ci sta franando il terreno
    Dunque il rischio c’e’ per tutti, nessuno e’ escluso.
    Come dici tu, dovremmo riappropriarci di alcune facolta’ umane che abbiamo perso per strada.
    In fondo cos’e’ il rischio ?
    Mica per forza bisogna prendere una barca e salpare i mari, per definirsi avventurosi.
    Io non ho mai navigato, ma sono uno “spericolato” secondo le persone che conosco.
    Sono uno spericolato perche’ lascio il mio bilocale climatizzato in agosto, per andare in giro con il mio zainetto.
    Perche’ lo faccio ?
    Per il gusto della scoperta di cio’ che mi si agita dentro ogni volta che ho conquistato sono in grado di rifarlo tutte le volte che voglio.
    Per quelli piu’ timidi, basterebbe andare oltre i propri limiti ogni volta che se ne incontra uno lungo la strada della propria anima.
    Perche’ vogliamo ostacolare la vita ?

    • Luca vedi, credo che il rischio in questa nostra cultura non sia affatto quello dell’incolumità. è il rischio sociale, il rischio di trovarsi soli, di camminare fuori dal gruppo, di non avere certezze economiche. il concetto di rischio si è molto deteriorato negli ultimi cento anni. quel che noi oggi consideriamo “rischioso” un tempo era sogno di vita agiata e al riparo.

  22. Permettimi Simone, e tutti, di usare questo spazio anche per sottoporre alla tua/vs attenzione una mia personale richiesta: dal 2 luglio, per due settimane, sarò a Rimini (non per vacanza ma per un piacevole impegno lavorativo); non conosco per niente la suddetta città romagnola e vorrei info da te, voi, su qualche bel locale e persone interessanti da conoscere; lo chiedo perché ho letto, nel tuo recente post “Fotogrammi”, per esempio della Lavanderia riciclo di cervelli e di Rock island: meritano? @Luna nera, sei di Rimini? qualcuno ha qualche dritta da darmi?
    Grazie! (e scusate il disturbo…).

    • sara ciao. il Rock Island è in cima a un lungo molo, quasi in mezzo al mare, molto suggestivo. ci andrei. e poi vai alla Lavanderia Ricircolo di Cervelli, dove ho presentato io, e salutami Giuseppe, il proprietario, molto simpatico. il posto è incantevole e dovrebbe essere ancora esposta la mostra Relitti di Maria Cristina Ballestracci, splendida. il Catalogo ha dentro anche un mio pezzo inedito, guardalo. buon divertimento. ciao!

  23. Gradevolissima intervista dai toni piacevolmente pacati, ritmi adeguati, contenuti assai interessanti. Parlare senza essere interrotti, senza che qualcuno ti parli “sopra”, permettendo l’intera esposizione del proprio pensiero, dei propri intenti, dei propri gusti musicali ecc. (e per ben due ore!), be’, mi mancava da un po’. Complimenti ai conduttori, e a te, caro Simone;

    solo sull’uso e abuso della parola “libertà” (o libero arbitrio?), dell’accezione che tu e molti altri danno al termine “libertà”, non condivido.
    Ancora una volta (giuro, l’ultima…) scomodo Gibran e “Il profeta” per riportarti alcuni suoi mirabili passi sulla Libertà:

    “Alle porte della città e presso il focolare vi ho visto prostrarvi e adorare la vostra libertà,
    proprio come gli schiavi si umiliano davanti a un tiranno e lo lodano nonostante egli li uccida.
    ….
    Potrete essere liberi soltanto quando persino il desiderio di cercare la libertà diventerà una bardatura, e quando cesserete di parlare della libertà come di un traguardo o di un compimento.
    Voi sarete liberi non quando i vostri giorni saranno senza affanni, e le vostre notti senza un bisogno e un dolore,
    ma piuttosto quando queste cose vi cingeranno la vita e ciononostante vi eleverete
    al di sopra di esse nudi e sciolti.
    E come potreste elevarvi al di sopra dei giorni e delle notti se non spezzerete le catene che voi stessi, all’alba della vostra comprensione, avete legato attorno al vostro mezzogiorno?
    Ciò che voi chiamate libertà è in verità la più forte di queste catene, sebbene i suoi anelli scintillino nel sole e abbaglino gli occhi…”

  24. Bella intervista.

    A proposito della liberta’, Simone, io ho dovuto mio malgrado constatare che molte persone non la vogliono neanche se cio’ migliora la loro vita del 1000%
    Preferiscono la sicurezza in cambio della liberta’.

    ‘Easy Rider’ insegna…

    • Luca, la certezza conosciuta, per quanto magra, rassicura molto. L’avventura dell’ignoto, per quanto rischiosa, inebria. Ognuno dosa nella sua vita questi due ingredienti. A modo suo. La maggior parte della gente non ama che sia troppa avventura nella sua vita. Il rischio la mette in ansia. A me pare che si tratti di rischio minimo, tutto sommato. Ma di grande premio. Ma vale per me. ciao!

  25. Intervista veramente ben fatta, complimenti Simone, con le tue parole sai arrivare veramente al cuore delle questioni, l’ho ascoltata molto volentieri e la condivido subito su facebook

  26. Che atmosfera piacevole.
    Ho pensato questo: l’amore, se non in casi rarissimi, è una proiezione del nostro ego quindi tutto ciò che tenteremo di fare sarà guidato dal nostro inconscio verso la direzione a cui tendiamo, a nostro vantaggio o svantaggio, con la scusa di farlo per amore.
    Che sia giusto o sbagliato, tutto ciò ci trascina avanti, ci conduce all’azione; con gli errori e l’esperienza si affina l’arte e così si può tentare un amore migliore, meno egocentrico. Quando siamo obbligati a staccarci da qualcuno che amiamo, ad esempio, capiamo dove abbiamo sprecato le nostre energie ed esce finalmente quello che vogliamo per noi.
    Invece tu sostieni che prima ci sia la formazione, la realizzazione della persona e poi l’amore; forse intendi quello “vero”, incondizionato, universale. Ma senza aver imparato l’alfabeto come posso leggere?
    Mi viene in mente quel negozio di corde ad Istanbul di cui hai raccontato mesi fa, che potrebbe essere la bottega della vita “tutto juta”.

    • 1light, infatti, esatto. l’alfabeto per amare siamo noi, occorre conoscerci almeno un po’ prima di amare. difficile leggere senza conoscere l’uso, il peso, il valore, le potenzialità delle parole.

  27. l’ho ascoltata tutta…

    mi è sembrata l’intervista di un intellettuale condotta da persone che sembravano in accordo con quanto dicevi da
    un bel posto in rai

  28. Ho appena visto su youtube una trasmissione tedesca sulla ricerca della felicita.
    l’ospite in studio e uno svizzero che prima era cardiochirurgo e poi si e’ messo a fare il camionista.
    e sembra proprio felice e soddisfatto per la scelta.

    in realta lui dice che felice lo era anche prima ma facendo il cammionista ha seguito la sua inclinazione naturale e la sua passione per la meccanica.

    E’ una trasmissione molto interessante.
    qui il link per chi ha interesse e capisce il tedesco:
    http://www.youtube.com/watch?v=-pKVv5VLMb4

    saluti
    marco

  29. bella intervista. fra l’altro anch’io ascolto i DMB. ti seguo da tanto.

    ora aspetto un tuo post sulla traccia di Montale data alla maturità 🙂

    un abbraccio
    r

  30. Bella intervista, soprattutto ben condotta (e ottima colonna sonora anche!!)Speriamo che la calma della notte abbia indotto qualcuno a meditare….

  31. Intervista appena ascoltata in poadcast. veramente splendida e con ritmi tranquilli. non così frenetici come siamo soliti ascoltare.
    condivido sempre il tuo pensiero e lo vivo in prima persona con infiniti conflitti interni. solo per alimentare le tue raccolte dati: sono ritornato da poco tempo alla manualità che tanto adoravo in gioventù. ho deciso di far l’orto pur non sapendone nulla, ma con un minimo di documentazione sta esplodendo il raccolto con l’invidia del mio vicino. mia figlia di un anno adora piantare le mani nella terra e quando la porto con me è estasiata e si ritorna a casa inzaccherati ma felici. ti confermo dalla mia breve esperienza che combattere col mondo esterno da pecora nera (cit) è molto dura: devi avere una forza interiore e un grande equilibrio non proprio comuni, perchè sei un diverso e noi come essere umani lottiamo sempre per farci accettare dal branco, dai ns simili. buon vento a te e a tutti i tuoi lettori

  32. Grazie per il post Simone, altrimenti mi sarei perso questa bella intervista (e adesso devo cercare di più sui Dave Matthews Band che sembrano davvero bravi).
    Ciao
    Fabio

  33. Grande , anche per quanto riguarda Dave Mattews Band.
    Un solo sospetto, t’hanno fatto parlare così a lungo solo perchè erano le 2 di notte ?
    Un saluto
    Claudio

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