Certe notti…

Estate strana. Forte di vento e di emozioni. Come il tono dei colori di questa mattina, a Bastia, con i palazzi del porto neri di nuvole azzurre. Nei video dei bar, le immagini di una cantante brutta, dalla voce ineguagliabile, stroncata nella notte. Il ragazzo che mi porta un caffè fischietta “Stronger than me”.

Con quelli che incontriamo sui moli è tutto un dirsi “In trent’anni non mi ricordo una roba così”. Ci riferiamo al tempo. Quello atmosferico. Se ne parla molto perché è davvero strano, e anche perché dell’altro Tempo nessuno saprebbe dire qualcosa. In effetti soffia Ovest da dieci giorni. Un Ovest con l’anima del Maestrale e le gambe del Libeccio. Stanotte qualche raffica ha toccato i 50. Nodi. Non quelli che legano, ma quelli che scorticano le tughe delle barche.
“Mai visto a luglio una roba così…”.

L’unica finestra possibile l’abbiamo presa. L’unica pausa dell’Ovest, che consentiva di navigare. Se non fossimo salpati venerdì all’alba, saremmo ancora a Spezia. Ora invece potremo fare vela sottovento, cioè a est, protetti almeno dalle onde enormi che battono a occidente. Per il vento, invece, bisognerà vigilare. Da ovest sale sulle montagne della Corsica e spara giù nel Tirreno, soprattutto dove trova qualche valle. Ieri, navigando da Capraia, ne abbiamo preso 40. Sempre nodi, quelli che devi fare rapido altrimenti non hai più le vele. Quelli che ti spazzolano l’anima.

Primo cambio di equipaggi. Qualcuno ha terminato il viaggio, qualcuno è arrivato. Facce spaurite e facce commosse. Qualcuno ha promesso, qualcuno ha salutato. Tanta gente che va e viene per il Mediterraneo, ognuno col suo sacco pieno di pensieri, convinzioni. E non c’è niente da fare: non cambieranno. Anche se quando t’imbarchi pensando, di solito, sbarchi sentendo. Non il sentire con le orecchie. Quello con la mente. Un tempo si sarebbe detto “col cuore”, ma era un errore anatomico.

Stanotte ha sparato forte. La barca era piegata come quando si naviga. Invece era irretita di cime. Sul ponte controllavo gli ormeggi nei fischi del vento. Tra un tira e molla di cime pensavo alla relazione tra apparenza e sostanza. Ai marinai capita quando sono soli e c’è da vegliare. A un certo punto mi sono detto “Moriamo tutti d’apparenza” Affermazione forte, che lascia un po’ senza fiato. A me, come forse si sa ormai, quello che si vede interessa molto. Pensare che una cosa che ti è cara ti fa morire non è una scoperta piacevole. Non alle quattro di mattina. Meno male che era l’ora della raffica più forte, quella che poi tutto cala. La barca si è quasi girata per fuggire via. La mia anima le andava dietro. Per una volta è stato buono così. Certi pensieri, se non se li porta via il vento, ti fanno venire i brividi. Se la cantante brutta con la voce ineguagliabile avesse preso qualche raffica, forse… Chissà.

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Si riparte…

Si riparte. Vela e mare fino a settembre. E’ il mio lavoro, quando non scrivo. E’ il modo migliore che conosco per vivere, per incontrare persone con cui condividere, per accorgermi della libertà oltre ogni ragionevole dubbio.

Troveremo vento forte questa prima settimana, dovremo forse cambiare itinerario. Vedremo. Non c’è nulla di certo quando si abbandona il porto. L’avevamo raggiunto per non avere incognite, per dormire senza vigilare. Per farlo avevamo dovuto legare la barca come una fiera cattiva. Ora, se vogliamo uscire, se vogliamo liberarla, liberarci, dobbiamo accettare le incognite che il mare dà, senza chiedere il permesso. Fuori dal porto c’è tutta l’emozione di cui abbiamo bisogno. E anche tutto il resto…

Scriverò, come sempre. Quando posso, quando sento. In mare ho sempre scritto, pezzi di capitoli, appunti, note su personaggi, luoghi. La mia piccola montagna di blocchetti si arricchirà di nuove note di bordo. Qualcosa finirà qui. Una parte. Il grosso, come sempre, resterà negli occhi, nella mente, e riemergerà un giorno, chissà quando, tra le pagine di una storia rilegata, messa a mucchi sul banco di una libreria, con una copertina patinata e i titoli a rilievo. Quando anche io me ne sarò dimenticato. Forse…

Buone giornate a tutti. Se navigate, guardate in giro. Può darsi che ci si incontri in qualche bella baia, nell’ora in cui i naviganti si inteneriscono, pensano a casa, oppure no. Buona estate.

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Grazie!

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Perché ci siamo trovati…

Sabato. Amici a casa. Festa. Sul tardi arriva lui. E’ un amico recente, conosciuto a bordo dell’Elmo’s Fire, attraversando l’Atlantico. E’ un invitato, come gli altri. No, diverso…

Lui si chiama Davide Scabin. Non uno qualunque… Porta con sé di tutto, da un intero frigo col ghiaccio a ogni altra cosa necessaria per aprire un locale: il Jost Van Dike, il suo locale immaginario. Ne ha uno vero, il Combal.O, al Castello di Rivoli, luogo di meraviglie gastronomiche. Ma ne ha anche uno immaginario. C’è chi ha un cane, un coniglio della fantasia… Lui ha un covo di pirati dove si beve e si fa festa di rientro da chissà quali navigazioni. Un locale che apre e chiude come un fantasma, quando “ha senso”.

In men che non si dica Davide tira fuori tutti i suoi utensili, bottiglie, bicchieri… e crea. Occhi posseduti, movimenti rapidi, precisi. Creatività e profumi. Un numero incalcolabile di cocktail diversi, perfetti, che mandano in visibilio tutti. La serata, che pure era già bella, allegra, piena di gioia, esplode. Uno potrebbe dire: “accidenti Simone, chissà cosa gli deve Davide, per ricevere una cosa del genere…”. Niente. Ma me lo sono chiesto anche io, e poi l’ho chiesto a lui. La sua risposta, semplice, non ammetteva repliche: “A bordo ci siamo trovati, no?!” Sì.

E allora penso alla generosità, ai gesti, a chi sa fare bene una cosa e decide di farla, a chi può (ovviamente) ma non si limita alla potenza, la fa diventare atto. Per nessun motivo. Solo perché è così. Penso al valore dell’eccellenza, del genio, che diventano azione. Davide è un uomo che immagina, e poi agisce. Ignoro il prezzo che paghi per questo. Ogni azione ha un costo. Ma conosco l’effetto che fa, quello che produce.

Davide Scabin è un genio. Numero 28 nel ranking mondiale dei migliori chef (ma che io ho visto annichilire con un risotto magistrale il numero 4…), uomo d’esperienza, che si occupa di ingegneria creativa del gusto, mescolata all’arte. Ma soprattutto è un uomo. Un uomo generoso, che nonostante la vita, il disincanto, tutto quello che sappiamo bene sulla nostra pelle… è in grado di partire da Torino, venire a Spezia e riaprire per una sera il suo Jost Van Dike. Così, perché gli sembra che sia il caso. Perché “ci siamo trovati”.

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