Secondo chi?

Lerner ai tempi della contestazione

L’altra sera ero a Milano, apro la tv a casa di M. e vedo per qualche minuto il programma di Lerner. Non so quale fosse il tema, ma in quel momento Lerner chiedeva a Travaglio se non fosse un po’ narcisistico andare nei teatri a parlare alla gente, un po’ come Saviano. Lui ammantava la domanda di un panno dorato, cioè l’analisi su cosa cambi tra essere un giornalista e fare “teatro civile” (alla Biacchessi, alla Celestini), ma la sostanza era chiara, ed era una domanda subdola, penosa, diffusa.

In questo Paese se dici “Questa cosa è così!” e lo dici con convinzione, trovi subito qualche bempensante che obietta: “Secondo te!”, come a dire che non puoi essere così arrogante da essere convinto di qualcosa con forza, magari perché ci hai riflettuto molto, ci hai studiato, hai confrontato con molta gente valida quel pensiero. Per la norma devi sempre ricordarti che non puoi parlare all’indicativo e in modo assertivo se non sei almeno morto, o hai vinto il Nobel o sei stato dichiarato intellettuale dal TG3. A me viene sempre da rispondere: “Ma è evidente, sono io che parlo… dunque secondo chi, se non secondo me?” C’è bisogno di ripeterlo ogni volta solo per fare quelli politically correct? Bleh…!

Mi pare che questa sottocultura della falsa umiltà (che consiste nel dire “non sono sicuro eh, sia chiaro, e non sono neanche nessuno per dirlo, però credo, forse, che le cose siano così…”) nasconda paura, perfino maggiore arroganza (quella di farmi passare per fesso, mentre ascolto). Trovo anche che a furia di veder circolare pensieri deboli, cose delle quali nessuno è sicuro (per quanto possibile), argomenti e opinioni su cui si è riflettuto poco (e quindi le si riferisce con cautela eccessiva e falsa), ogni cosa galleggi in una orribile marmellata. Il pensiero comune.

Mi piace molto la gente che dice “E’ così!”. Mi piace quando argomenta, dettaglia, combatte perfino, e soprattutto quando cambia idea se gli dimostri che ha torto. Mi piace vedere qualcuno che ha una passione, la studia, la esercita, e ha diritto a dire la sua, mi insegna qualcosa quando parla, mi dimostra che su quel tema lui può parlare e io devo ascoltare. Mi piace perché scoprire qualcuno che ne sa più di me è un’opportunità enorme, rara, e mi piace perché constato che quella persona non ha paura di entrare a gamba tesa su un argomento, in quanto ci ha lungamente riflettuto. Mi fa stare bene pensare che ci sono persone che studiano, ascoltano, si aggiornano, praticano e poi si sentono in diritto di dire qualcosa di forte, magari anche contro. Mi piacciono le donne e gli uomini “sempre poco allineati”. Soprattutto, mi piacciono poco o niente i falsi umili, quelli pronti a dirti che quel che dici non va, ma non a dirmi come dovrebbe andare. E’ irrilevante che abbiano ragione, ma è grave che oltre quello non dimostrino di avere un pensiero compiuto. Secondo me, naturalmente…

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23 pensieri su “Secondo chi?

  1. Ciao ragazzi,
    Certo, mi farebbe piacere condividere la mia esperienza e anche imparare dalle vostre, scambiare idee e consigli. Possiamo forse ritrovarci su facebook o anche qua sul blog, scambiare le mail, ecc. Magari un giorno potremmo addirittura incontrarci da qualche parte per chiacchierare in compagnia di un bicchiere di vino, un caffè o una tazza di tè, una grappa o un mojito…

    # Alberto: la fine di cosa? Penso non ci sia fine, al meno per me sarà dentro un inceneritore, ma intanto la vita e le idee sono un continuo fluire (per fortuna!) Forse lo chiedi perché il commento nel blog finisce con delle domande: infatti è quello che ora ho in mente, bozze d’idee, niente di conclusivo ne definitivo.

    …ma questi argomenti sono materiale per un altro tipo di post e non c’entrano molto con questo, mi scuso per la digressione.
    Adesso sono in partenza e per un po’ sarò scollegata, ma ci sentiamo presto!
    ciao ciao,
    blue skies a tutti!

  2. # Gigi, Alberto,

    ciao, io nei confronti della TV ho lo stesso rapporto di Gigi (io non ho neanche la TV vedo qualche film o documentario sul PC). Però, Alberto, dopo cinque anni di soddisfacente lontananza, posso dire che in realtà la TV non mi toglieva davvero tempo “utile”. Detto in altri termini, non basta “dare un taglio” e il tempo che risparmi o credi di risparmiare, si trasforma in qualcosa di proficuo da solo, magari tempo per le passioni, etc…

    In realtà la vedevo a cena o a pranzo, mentra adesso ascolto trasmissioni in podcast o musica classica. Oppure la sera vedevo un film e adesso leggo. Ma ciò non si traduce da solo in una migliore produttività umana e personale, o in più felicità. Quello è un processo diverso. Il “taglio” è taglio, e stop. Mi ripulisce il cervello, crea lucidità, energie, meno condizionamento pubblicitario, più tranquillità, tutto vero.

    Ma la costruzione di un hobby, una passione, una missione di vita, qualcosa che “dia senso” ad una vita è un altro processo, certo reso possibile dal primo, ma distante anni luce da quest’ultimo. Molto più impegnativo, anche solo per cercare la “strada corretta”.

    Scusate la divagazione.

    # Silvia,

    credo che la tua testimonianza ci abbia fatto secchi tutti, come gli altri vorrei chiederti delle cose, se vorrai mettere a disposizione la tua mail, la mia è exodus2010@katamail.com, se ti va di scambiare due parole con uno che è professionalmente “fallito” (anche se mi viene da ridere guardando chi è invece “riuscito” e spero di non diventare mai così) ti prego di contattarmi.

    Ciao!

  3. Ciao Simone, bello questo post.
    Sai,sono sicuro sia uno dei motivi che crea convinzioni limitanti!
    “Secondo te?!… Certo chi altri!!!!” Se ci fossero più persone “reali” e meno persone “convinte di” o “forse si o forse no” …., sarebbe meglio.
    Mi rendo conto come spesso nella vita ci si affidi al pensiero comune per prendere delle decisioni. Per quanto brutto sia scoprire di esserne consapevoli, la sensazione successiva è una forte spinta che ti trascina verso la tua vera natura. Il che ti spinge a passare all’azione, cosa che necessita di una buona motivazione.
    P.S. La raccolta domande continua!

    #Exodus, “E’ così e se non ti piace puoi anche andartene anzi se te ne vai è meglio, Chiuso discorso”. Si può fare di meglio, partendo da se stessi! A lavoro serpeggia questa frase, in passato l’ho usata anch’io, oggi la uso ancora, diversamente.
    #Gigi, Condivido la scelta di non guardare, in generale, la tv. Il tempo sarebbe sottratto a quello già risicato dedicato alle passioni agli hobby!
    #Silvia, mi è piaciuto da matti il tuo post!Ma non capisco la fine??? Mi piacerebbe condividere con te due idee, soprattutto in merito alle “metodologie” che utilizzi per il tuo DS!
    #Patrizia, condivido anch’io la filosofia del YWC, quindi interessato ad individuare un percorso….”chiedere, condividere, sapere, attingere e comunicare.Scambiamo idee???
    Live simply take it easy
    Alberto

  4. Condivido molto (non tutto)di ciò che affermi. La cultura ( nella quale è compreso l’ascolto educato dell’altro) può essere comunicata attraverso diverse modalità. Non esistono, per fortuna, solo i media(televisione, internet, ecc.)! Sarà che appartengo ad una generazione passata e prediligo il confronto diretto, personale e soprattutto pacato ( forse anche per il lavoro che ho avuto il privilegio di svolgere) a quello mediato da presentatori, giornalisti e comunicatori di professione(a volte poco sereni anche se bravissimi).
    Spero di poter avere uno scambio di opinioni alla presentazione del tuo ultimo libro.
    Un saluto affettuoso!

  5. Al contrario, della cultura del passato rimangono solo schegge che i discepoli hanno conservato spesso disubbidendo ai loro mentori. Le cose che si sono perse sono molto di più (purtroppo). E molte cose sono state esposte solo per “bisogno”, economico, etc…

    Cmq, se uno sa qualcosa di importante, in tutti i campi, non la divulga, la brevetta, si fa pagare i diritti d’autore, la vende a carissimo prezzo e solo a chi sa apprezzarla. Ed è giusto che sia così, affinchè le cose davvero “uniche, rivoluzionarie, importanti” non vengano “volgarizzate”.

    Comunque, senza voler sembrare profeta, ormai questo paese è nella morsa del “E’ così, prendere o lasciare, ma se lasciate è meglio perchè di gente disposta a prendere ce n’è fin troppa”, e sono sicuro che bisognerà prendere atto della situazione: accettare o rifiutare, ma niente interpretazioni, sarà così e basta. Purtroppo.

    • Si brevetta in campo scientifico, ma grazie al cielo Exodus, in campo culturale, psicologico, filosofico, teologico, spirituale si divulga, cioé si diffonde, tentando di “volgarizzare” il più possibile, proprio perché il maggior numero di persone comprenda. Se così non fosse, cioé se fosse come dici tu, il sapere resterebbe di pochi, dunque di nessuno. Grazie al cielo non è così e la cultura si apre, si diffonde, diventa patrimonio comune.

  6. A quello che ho già scritto aggiungo cmq che in Italia non c’è il problema del “secondo me”, a cominciare dal ns Amato Premier e giù per tutta la catena della politica, informazione, informazione, amministrazione dello Stato…. Avendo vissuto all’estero posso dire che questo Paese (tutto) è specializzato nel: “E’ così e se non ti piace puoi anche andartene anzi se te ne vai è meglio, Chiuso discorso”.

    • Mah, mi pare proprio di no Ex. Mi pare di non condividere né il tuo invito al silenzio dei saggi (che grazie al cialo non la pensavano come te e ci hanno detto tante cose importanti nel corso del tempo. La cultura, che senza la comunicazione non ci sarebbe mai stata), né questa affermazione. Molti arroganti e saccenti si esprimono proprio così, con i “secondo me” della falsità. Guarda le trasmissioni di approfondimento, leggi gli articoli, vai alle manifestazioni. Striscia per i vicoli e le piazze del Paese l’arroganza dei “secondo me” e della finta democrazia, che è la stessa di quelli che vanno alle manifestazioni e poi tutti a mangiare da McDonald’s, o che invocano il progressismo e poi non vorrebbero che la figlia sposasse un extracomunitario. Questo Paese non muore d’arroganza (anche). Muore soprattutto di ipocrisia e ignoranza. Saluti!

  7. Rimango sempre deliziosamente affascinata dagli esempi pratici di chi scrive in questo blog … l’ho già detto, a me piace il “yes we can”. Quindi, a Silvia chiedo, se le va, di scrivermi alla mia mail privata pbalasso@yahoo.it per avere un contatto con lei, chiedere, condividere, sapere, attingere e comunicare. Scusate il mio fuori tema !

  8. Mah..e’ difficile dare una risposta.
    E’ chiaro che i falsi moralisti o perbenisti mi stanno veramente antipatici.
    L Italia ne e’ piena come tanti altri paesi.
    Non mi sento per forza di dire qualcosa qndo sento argomenti che non mi piacciono: ho le mie idee, se entro in una discussione non ho problema a dirle.
    “Questa cosa e’ cosi'” vale sia a destra che a sinistra pero’..

  9. Marco, ma se una persona è convinta delle proprie idee (perchè ci ha pensato, le ha raffinate, ci crede sinceramente) perchè mai dovrebbe essere un saccente, uno spocchioso? Saccente e spocchioso è chi idee ben formulate non ne ha e nasconde la propria incomprensione con, appunto, manifeste saccenza e spocchiosità.

  10. Nel discorso dimentichiamo un problema di fondo, che non so se sia proprio della modernità o dell’uomo stesso: che ognuno sente il bisogno non dico di convincere gli altri (non solo), ma anche e soprattutto di sapere di non essere l’unico a pensarla in un certo modo. Questa terribile paura, subdola, porta a cercare di comunicare un convincimento, una opzione di pensiero, etc…

    Se questa fosse assente, se si avesse una totale, incondizionata fiducia nei propri mezzi, e quindi non il “bisogno” (necessità, schiavitù) di fare in modo che almeno qualche persona condivida le proprie scelte, idee, il proprio modo di agire, non ci sarebbe neanche bisogno di dire la propria. Nè “secondo me”, nè “secondo te”: anzi, se so qualcosa che altri non sanno, e sono sicuro di me stesso, quello che so non lo rivelo proprio, perchè è una informazione preziosa, che da addirittura potere (su sè stessi, sugli altri, non ha importanza) quindi non la rivelo. No è saggio farlo, è da stupidi, a meno che non si abbia uno scopo che trascende sè stessi e tutto il resto, ma questo è il caso di Mosè e Gesù, non è così comune.

    La vera informazione, la vera saggezza, la vera conoscenza, il vero modo di fare soldi, nessuno che sia davvero saggio lo rivelerà mai. Perchè non servirebbe, non ci sarebbe alcun guadagno per nessuno: chi trasmette il sapere non verrebbe creduto, chi lo riceve non l’apprezzerebbe (“non date le perle ai porci…”).

    La vera conoscenza, utile, decisiva è “arcana”, nascosta ai più, devi cercare tutta la vita per trovarla, e nel processo di ricerca impari, processo e meta si confondono. La conoscenza “diffusa” non è altro che ciarpame, non perchè non ci sia qualcosa di interessante o vero, ma in quanto invariabilmente manipolata, eterodiretta, e infine, di scarsa qualità, con informazioni reperibili ovunque.

    Le persone di vero potere, conoscenza, sapienza, non dicono “è così” o “secondo me”, loro aspettano soltanto qualcuno che si riveli degno di accedere alla conoscenza e solo allora, dopo averti vagliato e giudicato che sei degno di apprendere, di “appartenergli” in qualche modo, rivelano. E, vi assicuro, ridono della moltitudine di chiacchiere in giro, in quanto, per qualche motivo, si sono elevati al di sopra delle voci del mondo. E non hanno remori a dire cose alle quali non credono, dirette alla massa delle persone, in quanto sanno che la massa delle persone è “un mostro senza testa”, con cui non vale la pena di sprecare tempo. Ripeto, spesso stanno in silenzio, oppure dicono delle cose che non sono altro che fiumi di parole, ma la vera informazione la tengono ben stretta.

    In questa prospettiva “è così” o “secondo me”, sono entrambi senza significato. Quello che conta è che c’è “chi sa” e “chi non sa” (crede di sapere). “Chi può” e “chi si illude di…”.

    “E’ così” o “secondo me”, oggi, nel marasma della comunicazione futile, sono solo due modi di confezionare il vuoto delle parole infinite.

  11. Ciao Simone,
    Non c’entra molto con l’argomento del post ma comunque allego qua la mia storia sperando che sia di interesse ai tuoi lettori.
    Mi chiamo Silvia e sono una “downshifter consolidata” (ammetto che è la prima volta che mi presento così… mi mancava solo questa). Ho appena letto il tuo libro “adesso basta” – preso in prestito dalla biblioteca comunale.
    Premetto che non sono nata in Italia, ne vissuta a Milano, ne ho mai percepito dei grossi stipendi come quelli citati nel tuo libro. Il mio percorso è stato assai diverso, ma il risultato è simile: penso di poter dire che sono tra le pioniere del “downshifting”.
    Il mio passaggio è stato indotto e facilitato da svariate circostanze personali, economiche e addirittura politiche. Devo dire che è stata dura, soprattutto se si considera che non sono partita da budget di 390.000 euro ne stipendi di 3500 euro al mese. Ma adesso che ci penso forse non ne ho sofferto tanto, perché gli elementi essenziali gli avevo già dentro di me sin da bambina: voglia di libertà-solitudine (sono inseparabili), mancanza di legami limitanti, predisposizione alla flessibilità.
    Mi ritrovo in tante cose che scrivi. Per esempio, quello che tu chiami la zolla per le radici interne, io la chiamo “la mia ancora interna”. Nonostante il fatto che sono partita da più basso, economicamente parlando, quando sono entrata in “modalità downshifting” (o di “simplicitè volontaire” come ho visto che la chiamano nel Canada, o “fase Zen” come la chiamo io scherzosamente), riesco a fare tutte quelle belle cose che proponi nel tuo progetto. Io a Sardegna ci vado a Ottobre o Giugno, non ci andrei mai ad Agosto. Due settimane fa sono rientrata dal mio ultimo viaggio: 40 giorni nel Nord America, visitando vecchi amici o dormendo in ostelli, girando e conoscendo persone, musei, paesaggi. Fra poco riparto per il Sudamerica per stare al meno un mese con mia sorella e la mia nuova nipotina che deve nascere fra poco (spero non prima del mio arrivo!).
    Da più di tre anni abito in un hotel (sì, ho fatto i conti molto bene, val la pena economicamente e poi mentre viaggio per il mondo le mie spese in Italia sono = 0 euro). Mobili, piatti, lenzuola non sono di mia proprietà. I pochi oggetti che posseggo (tra cui non c’è la TV) stanno in poche scatole, e ogni giorni cerco di ridurre sempre di più il volume di robe da sistemare, mantenere, lavare, aggiustare, aggiornare, ecc ecc. Lo ammetto: sono una radicale.
    Come lavoro riesco a fare di tutto e di più, ho lavorato al canile comunale, adesso sto vendemmiando, faccio traduzioni, e se mi paghi bene posso anche scriverti una bella macro Excel con tanto di collegamenti ODBC. Insomma, finora me la sono cavata con il mio “work-life mix”.
    Spendo poco (il mio budget annuale è ancora più basso del tuo). I vestiti li ricevo in dono da amiche che si fanno le tette o cambiano taglia, o quando si stufano del loro guardaroba. Cerco di sfruttare al massimo i vantaggi di internet per evitare costi di spostamento, chiamate, ecc. E così via, tanti piccoli e grandi accorgimenti che mi fanno risparmiare in quello che meno m’interessa.
    Sono libera, e ne vado fiera. Ma… (non poteva mancare)
    Vediamo se riesco a spiegarmi. Stando alla tua storia tu hai raggiunto un punto di “completezza” o “soddisfazione” (o come si chiami quella sensazione) nella tua vita passata, professionalmente ed economicamente. Ora sei dove sei proprio per aver vissuto quello che hai vissuto. La tua vita passata, per quanto negativa sia stata, è stata una componente essenziale della tua nuova vita: senza di quella il tuo percorso sarebbe stato diverso, e probabilmente adesso non staresti a scrivere sotto il sole a torso nudo (be’, forse neanche ora, se dove sei piove come qua).
    Sono sicura che per te è andata così, perché io di percorsi del genere, dove il cambiamento avviene proprio per aver vissuto al massimo l’esperienza opposta, ne ho fatto al meno uno molto importante. Sono stata sposata parecchi anni, la mia vita di coppia è stata intensa e profonda, ma adesso non ci penso neanche a risposarmi. I vecchi (e anche alcuni giovani) mi dicono “non preoccuparti, sei ancora giovane, vedrai che troverai l’uomo giusto”… e commenti intelligenti del genere. Cerco di spiegarli (con poco successo) che io non sono alla ricerca di una nuova relazione impegnativa, che sto bene, anzi benissimo, così libera. Ed è vero. E questa contentezza viene anche dal fatto che io l’esperienza l’ho già fatta e vissuta in pieno. Ho fatto il “downshifting emozionale” nel momento giusto. Se non fosse stato così, probabilmente adesso non mi sentirei così bene.
    Ebbene, questo tipo di percorso ottimale non mi è capitato nell’ambito economico/professionale. Come ho accennato prima, per svariati motivi personali, economici e politici, io mi sono trovata a fare il downshifting (quello economico) prima di poter realizzarmi professionalmente. Questo forse è l’unico rimpianto che ho della mia vita attuale. E dunque adesso sto meditando su alcune cose…
    E’ vero che potrei tranquillamente andare avanti così, aggiustando man mano il “work-life mix” a seconda delle situazioni e delle opportunità che si presentano. Oppure potrei cercare di riempire questo bisogno di soddisfazione professionale, ma sacrificando un po’ – o tanta – della libertà che adesso godo (aiuto!). Ma ne vale la pena? E’ importante tenere in conto che queste benedette soddisfazioni professionali dipendono tanto dal mercato di lavoro (purtroppo non sono più giovanissima), dalla situazione economica, dal PIL, ecc… cose che in questo momento non sono molto allettanti e non mi sembrano di offrire grandissime opportunità. Purtroppo penso che il gioco non è per niente a mio favore in questo momento. Voglio veramente investire tempo, soldi (per aggiornarmi accademicamente), salute, nel perseguire questo desiderio di soddisfazione professionale quando le possibilità sono così magre? Quanto importante è per me questo desiderio? Mi passerà? (non credo, le inquietudini essenziali non “passano”). Magari posso ripropormelo in altre modalità o indirizzarlo in qualche altro piano? Posso fare qualcosa a mezza via? (su questa ultima domanda ho già letto il tuo parere sul libro, ma forse non concordo in pieno).
    Come potrai immaginare, sono molte le cose che sto considerando e analizzando. Chissà se qualcuno leggerà questa storia e magari avrà qualcosa da dire in merito, ma intanto scriverla mi ha aiutato a fare chiarezza su certi ragionamenti. Adesso ti lascio con una frase di Pessoa, tra le mie favorite (tradotta liberamente):
    “Porto nell’anima le ferite delle battaglie che non ho combattuto”.
    Ciao ciao,
    Silvia

  12. Caro Simone, presente, eccomi qua!Sempre in direzione ostinata e contraria.

    ps.Mi ritrovo nella tua descrizione finale, i “non allineati”. Si fa però una fatica doppia a vivere, complica le relazioni con gli altri.

  13. Oramai io, purtroppo, non seguo più la politica..e, me ne vergogno, non seguo più nemmeno i tiggi.
    È che sono troppo occupato a seguire le cose mie, i miei affari e le mie passioni. In realtá ad ora il tempo che riesco a dedicare alle mie passioni è davvero risicato. Arrivo a fine giornata talmente rimbambito che spesso, l’unica cosa che faccio è leggere un buon libro, magari un saggio.
    Non seguo più la quotidianitá dei tiggi xchè mi sono reso conto che perdo tempo: perdo tempo a cercare di capire cosa o chi ha ragione in una determinata disputa, perdo tempo a capire cosa c’è di vero nelle affermazioni di quel politico, o quell’altro. Tanto la verità spesso in questi casi non esiste nemmeno.
    Preferisco chiamare un amico mentre scorre il tg, preferisco cucinare, magari (adoro farlo) preferisco occuparmi di me stesso, della mai cultura personale. Le risposte ai quesiti nei programmi serali di attualità sono SEMPRE LE STESSE. ” “Qui affermo”che i tiggi e tutte le trasmissioni a tema politico e di attualità sono per davvero diventate intrattenimento, con contenuti…poco aderenti alla realtà…e poi…verba volant….ed i politici lo sanno bene.
    Vedo persone nei bar e negli uffici che si affrontano con fervore su tematiche di attualità o politica…che la settimana sucessiva dimenticheranno.
    Insomma caro Simone, questa lettera è x te, non tanto per il tuo blog…
    Ti scrivo xchè trovo una contraddizione tra il tuo spirito libero che ammiro e che è di vera ispirazione e la critica politica che ogni tanto proponi. Iimmagino che tu conosca in assoluto quanto siano controllate le informazioni. Io stesso lavoro a stretto contatto con uffici stampa. Forse è proprio x questo che io ho lasciato perdere l’informazione di attualità e politica. Certo, ogni tanto mi sento davvero fuori dal mondo.
    Con affetto, Gigi.

    • Gigi capisco quel che dici. Anche io faccio fatica a seguire, sempre di più. Anche io ho assai perduto la fiducia e le speranze. Però non rinuncio a stimolarmi (soprattutto) e a stimolare su temi così centrali come la responsabilità individuale e l’autenticità. Mi sembra un massaggio utile, che ammorbidisce le nostre vite. Il mio spirito libero mi impone il sostegno alle mie idee.

  14. Egregio Dott. Perrotti non so come esprimerLe la mia riconoscenza per la determinazione, per la semplicità, per la chiarezza delle sue idee. Lei è veramente unico e mi fà sentire meno solo.
    Grazie ancora e buona serata.

    Piero

  15. Io sono d’accordo con Marco. C’è pieno di gente che ti dice come sono le cose, ti insegna come va il mondo e non ha dubbi: poche idee ma chiare. Quando uno dice “secondo me” apre la possibilità al dibattito e si mostra disponibile a cambiare idea se viene convinto. Dubitare è molto importante e soprattutto tenere sempre conto del fatto che ci si può essere sbagliati….”secondo me” è sinonimo di apertura al dialogo…..

    • Purché non diventi troppo importante rispetto ai contenuti Lorenzo. A volte sembra che ci sia paura della forma. Io sono terrorizzato da certi contenuti…

  16. Sì, Simone. E’ questo che intendo per assertività: convinzione nel sostenere le proprie opinioni (centra anche l’autostima), senza prevaricare sugli altri (quindi empatia, ascolto..) e cercando una comunicazione efficace (= che dia i risultati voluti).
    Marco

  17. Non so, a me i saccenti e gli spocchiosi infastidiscono. Trovo che dubitare, anche di se stessi, sia segno di intelligenza. Molto a volte dipende da come riusciamo a comunicare le nostre “verità”, da cosa passa all’interlocutore. Senza nulla togliere al importanza di essere assertivi.
    Ciao

    • Marco, però riflettici un istante. Hai subito pensato a saccenti e spocchiosi. Perché? Non si può comunicare in modo sereno, secondo te, cioé né in modo arrogante né soggiacendo alla falsa umiltà che fa da ottimo schermo all’assenza di idee?

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